Νεφέλαι, Nephélai, NuvoleΝεφέλαι, Nephélai, Nuvole

di Giovanni Albergucci

Grazie a #Leucò anche gli ‘svaniti’ finiscono per contattare la propria ispirazione poetica. Qualche considerazione su Paladini di Francia, spettacolo dei Cantieri Teatrali Koreja, liberamente ispirato a “Cosa sono le nuvole” di @PasoliniPP.

CALLIOPE: Ed eccoci, finalmente!

Vieni avanti, vieni avanti finché siamo ancora in tempo.

EPIMETEO: Non temere, musa. Perfino quando Pandora scoperchiò il vaso, fui abbastanza lesto da intrappolare Speranza.

CALLIOPE: Eppure fosti troppo lento per trattenere tutti i mali.

EPIMETEO: Quando, nella storia dei mortali, qualcuno si è preoccupato dei Mali procurati dagli dèi? Persino io ho avuto tempo a sufficienza per capire che l’Uomo è artefice della propria sorte.

CALLIOPE: È vero. Ed è questo che li rende migliori: il Fato influenza ben poco il loro cammino. Ciononostante hanno bisogno dei numi. I numi che fungano loro da analgesico. L’Uomo teme più di tutto il dolore.

EPIMETEO: Anche questo non è corretto.

Essi si considerano fortunati quando vivono sotto anestesia. E’ un ulteriore fortuna dell’umanità: crogiolarsi nell’indifferenza; vivere senza sentire.

CALLIOPE: Sentire? Sentire cosa? Il loro cuore si sfalda sotto il nostro sorriso. Non possono ‘sentire’ senza vedere e i loro occhi sono gemme di rugiada.

EPIMETEO: E allora perché stiamo nascosti dietro le Nuvole, fumi dell’invidia che proviamo per loro?

CALLIOPE: Non so darti una risposta, ma lo spettacolo di quest’oggi ti servirà a capire meglio perché, per loro, il confine invalicabile dell’Olimpo sia avvolto da Nubi temporalesche.

Cosa sai dirmi di Shakespeare?

EPIMETEO: Shakespeare? Ma non dovresti parlarmi della Chanson De Roland?!?

Lo spettacolo è dedicato a Orlando, alle avventure narrate da Ariosto.

Come potrebbe trattarsi di Shakespeare?

CALLIOPE: Sarai consapevole che come Aracne intricava la sua ragnatela, così la letteratura si congiunge e si incrocia anche a distanza di secoli e secoli!

Ebbene, sentirai sì parlare del Prode Orlando, dei suoi paladini e del suo amore furioso, ma oggi il cielo si riempirà di Nuvole. Nuvole che provengono da canzoni e antichi teatri. Pioveranno da esse i sogni, le ispirazioni, la Fantasia che accompagnano l’Uomo.

EPIMETEO: Ancora non capisco come possano essere collegate al paladino.

CALLIOPE: Ti ho parlato di Shakespeare, l’autore di Othello.

La sua trama si basa su un contrasto: Cielo e suolo. Le nuvole e la terra.

Gli stessi protagonisti, Othello e Desdemona, hanno pelle contrastante: uno nera, l’altro bianca. Incarnano il bene ed il male, il sogno ed il reale.

Seguimi attentamente ora, perchè il legame è qui formato: nel 1967, un grande regista italiano, Pier Paolo Pasolini, riprese la scena di Shakespeare in un suo cortometraggio. La scena finale, vede le marionette Othello e Iago che dopo essere state fatte a pezzi, si ritrovano in una discarica a guardare il cielo.

Vedi Epimeteo, la storia comica e tragica dei paladini di Carlo Magno – dall’arrivo a corte della bella Angelica al massacro di Roncisvalle – racconta la bellezza e la crudeltà della vita umana.

E se da più di cinquecento anni grandi poeti e oscuri teatranti continuano a provare un piacere immenso a raccontarla, un motivo ci deve essere.

Effettivamente pare di stare nel teatrino delle marionette dove Pasolini fa raccontare ai suoi attori la triste storia di Otello, Iago e Desdemona.

Con quelle stesse marionette oggi si racconta di Rinaldo, Astolfo, Angelica, Bradamante, Fiordiligi e Orlando.

Il massacro di Roncisvalle sarà quella discarica vasta e insanguinata dove tutti quei corpi morirono e furono abbandonati, occhi al cielo, a domandarsi che cosa sono le nuvole.

EPIMETEO: E per te che cosa sono le Nuvole, Calliope?

CALLIOPE: Neppure Zeus Olimpio può risponderti. Possono nascondere il Sole o le Stelle, ma se non esistessero, cosa dividerebbe il Cielo e la Terra? Cosa ci celerebbe agli occhi degli Uomini?

Ascolta, ascolta questa canzone! Se l’anima, nella sua essenza divina e mortale, potesse parlare, userebbe le parole di quest’uomo.

Libertà: fra concessione e costrizioneLibertà: fra concessione e costrizione

Il leitmotiv di un film di alto valore morale

di Martina Signorini

Cesare deve morire, dei fratelli Taviani, è un documentario che ha vinto l’Orso d’oro di Berlino e ben cinque David di Donatello a Roma, nel 2012.

Il film racconta l’esperienza particolare di alcuni detenuti del carcere di Rebibbia: la messa in scena, come spettacolo teatrale, del Giulio Cesare di Shakespeare.

Nel fare questo, tuttavia, il film non mostra semplicemente lo spettacolo rappresentato sul palco – a questa parte sono dedicate infatti piccole parti all’inizio e alla fine dell’opera – quanto, piuttosto, ciò che sta ‘dietro le quinte’: la scelta degli attori, i momenti di condivisione, quelli di comunità, di solitudine e soprattutto le prove.

Possiamo affermare che il tema principale affrontato nel film è quello della libertà osservata da più punti di vista: quello dei personaggi interpretati nello spettacolo (Bruto, Cassio, Decio e gli altri congiurati) e quello dei carcerati.

In entrambe le parti in cui possiamo virtualmente dividere l’opera (recita e vita reale) è presente la lotta per conquistare la libertà: i congiurati uccidono Cesare per la libertà del popolo romano, mentre i detenuti fanno attività teatrale per riconquistare la libertà e il diritto di vivere come persone anche in un luogo in cui la libertà ‘fisica’ è ristretta al minimo e non resta altro che quella di pensiero, mentre quella di esprimersi ‘ viene concessa soltanto nei momenti in cui fanno teatro.

In questo film vengono messi in evidenza le speranze e i dolori degli attori non professionisti, ben espressi dagli sguardi e dalle voci cariche di emozione, che hanno un’esperienza di vita tale da consentire loro di comprendere bene ciò di cui stanno parlando e da farli riflettere su ciò che hanno commesso per essere dove sono.

Gli attori usano un linguaggio spontaneo, diretto, non artificioso che rende i pensieri, le riflessioni e i dialoghi reali e non imparati da un copione.

Particolare nel film è la scelta degli attori, che sono veramente ciò che mostrano di essere, nonché la scelta di farli recitare ognuno nel proprio dialetto d’origine – questo aiuta gli attori a esprimere meglio le proprie emozioni – e l’uso del bianco e nero, che rende in modo migliore il senso di drammaticità della situazione.

Oltre a mettere in risalto il valore umano dei carcerati e il loro desiderio di riscatto, il film testimonia anche l’importanza dell’arte, che è capace di cambiare l’animo degli uomini migliorandoli e rendendoli più consapevoli.

A questo riguardo è significativa la frase finale in cui uno dei protagonisti, finito lo spettacolo, tornato nella sua cella, afferma: “ Da quando ho conosciuto l’arte, questa cella è diventata una prigione”.

Cesare deve morire è un film importante, ricco di messaggi, pieno di emozioni, speranze, soddisfazioni, ma anche impregnato di dolore e solitudine e proprio per questo adatto a far riflettere sul senso della vita.

Cesare deve morire, di Paolo e Vittorio Taviani, in collaborazione con Fabio Cavalli, con Cosimo Rega, Salvatore Striano, Giovanni Arcuri e Antonio Frasca, Italia, 2012, 76’, Documentario/dramma.

Cesare «incarcerato»

Il Giulio Cesare di Shakespeare ha un volto nuovo.

di Nicolò Milazzo

Il Giulio Cesare di Shakespeare torna a vivere, questa volta sul palcoscenico di un carcere.

Il film, tutto italiano, dei fratelli Paolo e Vittorio Taviani, Cesare deve morire,è stato per certi versi un ‘azzardo, che tuttavia ha avuto successo vincendo prestigiosi premi tra cui l’Orso d’oro al festival di Berlino 2012 e ben 5 David di Donatello 2012.

Nel teatro all’interno del carcere romano di Rebibbia, si conclude la rappresentazione del ‘Giulio Cesare’ di Shakespeare.

I detenuti,qui in veste di attori, ritornano nelle loro celle.

In un ampio flashback la scena si sposta a sei mesi prima, quando il direttore del carcere annuncia quello che sarà il progetto teatrale dell’anno.

Seguono i provini e – scelti gli attori – vengono assegnate le parti che ognuno impara ed esegue nel proprio dialetto. Progressivamente, l’opera shakesperiana prende forma.

Cesare deve morire presenta un capolavoro del XVI secolo non solo in chiave contemporanea, ma addirittura ambientando l’opera in un carcere: le difficoltà non sono poche, a partire dal fatto che non si dispone di attori professionisti, ma di detenuti. L’empasse è stato brillantemente superato grazie alla traduzione delle distinte parti del copione nei dialetti degli interpreti, un lavoro massiccio che tuttavia regala all’opera una grande naturalezza, nonché la possibilità di immedesimarsi nei ruoli da parte dei detenuti.

Una scelta coraggiosa, ma senza dubbio azzeccata, è del resto l’utilizzo dell’ormai vecchio (e televisivamente poco gradito) bianco e nero, che tuttavia riesce ad evidenziare perfettamente la tristezza e la monotonia del carcere. In contrasto, le scene sul palcoscenico sono a colori, come per indicare una rinascita interiore e una libertà mentale che permette ai detenuti di vedere le cose -anche un po’ tragicamente – da un nuovo punto di vista.

Come afferma uno di loro:”Da quando ho conosciuto l’arte questa cella è diventata una prigione”.

Cesare deve morire,di Paolo e Vittorio Taviani,con Cosimo Rega,

Salvatore Striano,Giovanni Arcuri,Antonio Frasca,Ita,74’,drammatico.

Vivo per meVivo per me

di Alice Guerrini

Nel suo celebre romanzo, La Casa in Collina, Cesare Pavese afferma che “la vita ha valore solamente se si vive per qualcosa o per qualcuno”.

Tutti possiamo riconoscerci in quest’affermazione: passiamo la maggior parte del tempo a impiegare anima e corpo in ciò che amiamo, in ciò che ci rende felici, cercando sempre di migliorarlo e renderlo perfetto, che si tratti di un lavoro, di uno sport, una relazione, un’amicizia o una forma di volontariato.

Fin da piccoli cerchiamo qualcosa con cui poter spiccare sugli altri, per esempio una caratteristica distintiva e unica. Quando lo troviamo, questo qualcosa diventa il nostro punto di riferimento e vivere di questo – e per questo – rappresenta un po’ una ragione di vita.

Vivere per le nostre passioni, per i nostri progetti, spesso comporta molti sacrifici e rinunce, che vengono fatte comunque con serenità. Per far decollare un nuovo lavoro, una nuova attività togliamo tempo alla famiglia, agli affetti, investendo a volte anche soldi, pensando che tutto questo verrà poi ricompensato dalla soddisfazione di vederci realizzati, di veder andare a gonfie vele la nostra attività.

Talvolta viviamo per rendere più felici persone meno fortunate di noi, riuscire a farle sorridere, aiutarle in qualsiasi modo sia possibile senza voler niente in cambio, salvo la consapevolezza di aver alleviato, anche se per poco, il dolore di un altro essere umano.

Coltivare amicizie vere e sincere, costruire una famiglia, avere sempre qualcuno su cui poter contare e vivere per renderlo felice, volere solo il suo meglio ci accomuna e ci rende simili: un calciatore, per esempio, vive per correre dietro ad un pallone e segnare quel goal tanto desiderato, mentre un musicista si nutre di musica, di accordi, di nuove canzoni, dei suoi CD e delle emozioni del suo pubblico,.

Io non sono né un musicista, né tanto meno un calciatore, ma vivo e lotto per riuscire a diventare almeno uno dei due. Il pallone e l’ i-Pod sono i miei migliori amici, ottimi alleati nei momenti di gioia e in quelli di tristezza. Amici, sì! Loro non mi tradiranno mai.

Montare in sella al mio cavallo e correre lontano respirando forte: ecco quello che voglio.

Ho imparato e capito, grazie a recenti esperienze personali, che vivere per qualcosa è diverso da vivere per qualcuno e quindi mi ritrovo solo in parte in quello che scrive Pavese.

Credo che vivere per qualcuno sia la cosa più sbagliata da fare: vivendo per qualcuno si tende ad annullarsi, a tenere più al suo bene che al proprio, si fa diventare quella persona il centro della nostra vita e il nostro mondo, si vive in sua funzione, ci si affida alla sue cure, lo si fa diventare il proprio punto di riferimento.

La maggior parte delle volte succede che questa persona ci volti le spalle e in un batter d’occhio allora il mondo crolla addosso facendoci rimanere lì, indifesi, senza sapere che cosa fare perché tutte le sicurezze sono svanite, soli a ricostruire una nuova vita, con la consapevolezza che il tuo mondo non esiste più.

Penso, invece, che dedicarsi alle nostre passioni non sia sbagliato, perché si vive per quello che ci rende felici e ciò ci fa essere noi stessi e quindi migliori. Vivere per le nostre passioni è l’unico modo per non sentirsi mai soli o incompleti.

Al trentesimo anniversario della morte di Gilles Villeneuve, il più grande pilota di Formula 1, ho letto nel suo libro una frase che mi ha colpito particolarmente: “Se mi vogliono, sono così, di certo non posso cambiare, perché io di sentire i cavalli che mi spingono nella schiena ne ho bisogno come dell’aria che respiro”. Ora, più che mai, lo apprezzo e condivido quest’affermazione, perché vivere per quello che ti fa respirare e che ti fa andare avanti non è mai un errore.

Mi permetto, dunque, di modificare ciò che dice Pavese: “La vita ha valore se si vive per quello che ti rende te stesso”.

Sulle ali di Pavese: tra oppressione e mito. Sulle ali di Pavese: tra oppressione e mito.

di Alice Gavazzi

Il giorno 4 / VI / 2013 alcuni studenti delle classi III e IV Liceo Scientifico “E. Fermi” di San Marcello Pistoiese hanno tenuto una lezione dedicata a Cesare Pavese agli alunni della classe III C della Scuola Secondaria di Primo Grado “R. Fucini”.

Punti salienti della lezione sono stati il testo Dialoghi con Leucò, la biografia dell’Autore, le sue tecniche poetiche e il contesto socio-culturale in cui si trova ad operare.

Durante la prima parte della lezione le alunne Benedetta Giampietri e Francesca Santi hanno introdotto le figure di Ariadne e Leucotea, protagoniste del Dialogo XXII,  La vigna.

Le due donne, dal passato diverso e dal comune destino, si trovano sull’isola di Nasso, dove Ariadne è stata abbandonata da Teseo.

La storia di Leucotea viene brevemente raccontata: Ino, amante del re Atamante, è convinta dal sovrano a far uccidere i due figli avuti dalla moglie Nefele col fine di favorire la pioggia. Per intervento divino i figli si salvarono e il re impazzisce uccidendo il figlio avuto da Ino, la quale si annega venendo trasformata in divinità marina con il nome di Leucotea.

Il brano viene letto da Alice Gavazzi, che interpreta la disperata Ariadne e Giovanni Albergucci, che invece dà voce a Leucotea. Quest’ultima annuncia alla giovane l’avvento di un Dio, re delle vigne, delle colline e delle feste, che sta venendo a prenderla: Dioniso.

La scena, carica di pathos, crea uno spunto importante per il proseguimento della lezione: l’attualità dei temi trattati da Pavese e il mito, che dall’autore è sfruttato come potenziale via di fuga da un’opprimente realtà, quella del regime fascista, intollerante a qualsiasi forma di dissenso.

Partendo da questa tematica viene tracciata la biografia di Pavese e i suoi punti salienti: il rapporto con Antonio Gramsci, il confino in Calabria, la sfiducia nel ruolo degli intellettuali, il premio Strega e, nello stesso anno, il suicidio.

Vengono, in seguito, tratteggiate le principali caratteristiche retoriche e poetiche della produzione dell’autore, il suo rifiuto della schematizzazione, della soggettività e della musicalità.

In seguito viene presentato il progetto #Leucò e i motivi che hanno indotto gli alunni a parlare, in particolare, del Dialogo XXII, ossia la peculiare attualità del brano e la copiosa presenza di elementi della letteratura classica ad esso collegabili.

Per concludere, i relatori  hanno mostrato gli scroll-books di alcuni Dialoghi, che hanno suscitato particolare interesse da parte degli ascoltatori, e introdotto il nuovo progetto di ri-scrittura #Corsari, dedicatp agli Scritti Corsari di Pier Paolo Pasolini.

La lezione è stata arricchita da un hand out  redatto da Alice Gavazzi e Giovanni Albergucci e da una board Pinterest a cura di Francesca Santi e Benedetta Giampietri.

Di quest’ultimasi fornisce il link:

https://pinterest.com/benemale/sulle-vigne-di-notte-ci-sono-anche-stelle-%C3%A8-un-dio/

#Firenze11Maggio2013#Firenze11Maggio 2013

di Elisa Lucchesi

In data odierna, sette studenti del Liceo Scientifico “E. Fermi”  di San Marcello Pistoiese prenderanno parte alla Cerimonia di Premiazione della XII edizione del Concorso “Luciano Bolis”.

L’evento, che avrà luogo presso la Sala delle Feste di PALAZZO BASTOGI a Firenze, si inserisce nell’ambito del Workshop “Cittadini europei si diventa”.

I lavori saranno trasmessi in diretta streaming sul sito del Consiglio Regionale della Toscana:

http://www.consiglio.regione.toscana.

L'intervento del parlamentare europeo, on. Niccolò Rinaldi

L’intervento del parlamentare europeo, on. Niccolò Rinaldi

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Risultano vincitori di uno dei cinquanta posti messi a concorso per gli studenti della Regione Toscana:

ALBERGUCCI, Giovanni (III Liceo Scientifico) – IV classificato a livello regionale.

GAVAZZI, ALICE (IV Liceo Scientifico) – V classificata a livello regionale.

MUCCI, Giulia (IV Liceo Scientifico).

PAGLIAI, Asia (III Liceo Scientifico).

SANTALMASI, Cosimo (IV Liceo Scientifico).

SANTI, Francesca (III Liceo Scientifico).

SICHI, Ilaria (III Liceo Scientifico).

 

Gli studenti vincitori parteciperanno insieme agli altri colleghi provenienti da tutte le scuole della Toscana al seminario estivo di formazione europeista e federalista intitolato a Luciano Bolis dal 15 al 22 Luglio 2013.

#lapiramidedelcaffè LAB XV#lapiramidedecaffè LAB XV

di Elisa Lucchesi

Celeste è questa corrispondenza d’amorosi sensi

#lapiramidedelcaffè, progetto di lettura in classe di Elisa Lucchesi in collaborazione con Nicola Lecca e Libri Mondadori ha finalmente un vincitore: Francesca Santi.

Potete leggere la recensione di Francesca Santi e il giudizio dell’Autore su: http://www.iocsanmarcello.gov.it/blog/lapiramidedelcaffe-lab-xiv/

Un’ottima sintesi dell’inizativa #lapiramidedelcaffè è stata curata dallo stesso Nicola Lecca ed è disponibile al link: http://t.co/yjmzeSsNt6

Pubblichiamo in questa sede i commenti che gli studenti di @unblogdiclasse hanno espresso sui giudizi espressi da Nicola Lecca:

si tratta di un post aperto, che andrà progressivamente arricchendosi delle conversazioni a distanza tra l’Autore e i suoi Lettori/Recensori, creando in questo modo un feedback prezioso all’intero progetto.

Nei prossimi giorni, il post si arricchirà dei commenti mancanti e forse delle nuove risposte dell’Autore, dando vita a quella  corrispondenza d’amorosi sensi che, da sempre, nutre gli animi belli.

 

I classificata: Francesca Santi.

Il giudizio di Nicola Lecca.

La mia impressione parte del progetto “Lettura in classe”. +++++

Bellissima, creativa, tiene la tensione e ha un inizio stupendo. E’ profonda, morale, giusta. Che altro dire: qualche ripetizione ogni tanto ma sei perdonatissima. Hai fatto un gran bel lavoro. Complimenti.

Il commento di Francesca Santi.

Un hotel a 5 stelle.

Mi piace essere sincera e trasparente: è da circa mezz’ora che sto fissando un foglio a righe, formato A4 presumo, e non mi viene in mente nessuna idea ‘’alternativa’’ per poter commentare il tuo parere della mia recensione (posso darti del tu?).
Di solito non amo inserire nei testi che scrivo termini “ricercati” perché penso sia solamente un modo di camuffare qualcosa che già alla base sia semplice.

Quindi: perché dover commentare scrivendo qualcosa di complesso quando lo stesso romanzo, “La piramide del caffè”, affronta uno dei temi, la semplicità, che a me sta più a cuore?
Sono rimasta molto colpita dal modo in cui hai commentato la mia recensione, anzi più che colpita direi “estasiata”!

Sono veramente soddisfatta del risultato che sono riuscita ad ottenere, soprattutto perché ho trovato questo progetto molto coinvolgente e assolutamente da rifare!
Vorrei ringraziarti infinitamente per il tempo che mi (ci!) hai dedicato, che non deve essere stato assolutamente poco, e per la disponibilità che hai avuto nei nostri confronti.
Un’ultima cosa: grazie di essere vivo.

Non è una cosa facile riuscire a trovare qualcuno con cui comunicare in modo diretto nel programma di Italiano che abbiamo affrontato dalla prima fino ad ora

Francesca Santi.

Ndr. Il commento di Francesca è stato redatto prima della proclamazione del vincitore.

III classificata: Gloria Ceccarelli.

Giudizio di Nicola Lecca.

La mia opinione fa parte del progetto di lettura in classe

++++ / +++++

Questa recensione (che tutto sommato ha qualche debolezza) mi ha conquistato più delle altre (che magari erano “scritte meglio”). E sapete perché? Perché questa recensione mi è apparsa, fra tutte, la più autentica: la più vera. Si vede che non ci sono filtri. E’ un testo impulsivo in cui l’autrice si mette acutamente in gioco senza paura di esporsi pienamente. Lo stile un po’ ingenuo, le ripetizioni e la poca dimestichezza con l’armonia nell’abbinamento delle parole sono questioni passate subito in secondo piano davanti all’entusiasmo che lo scritto sprigiona. Un entusiasmo dal quale si viene contagiati fin dalla prima riga. E non è forse questo che una recensione deve riuscire a fare? Brava!

Il commento di Gloria Ceccarelli .

Ti ringrazio per il commento molto positivo, non credevo che la mia valutazione sarebbe stata cosí alta, forse é vero che mi sottovaluto troppo, in futuro cercheró di essere più positiva. Questo progetto mi é stato molto utile perché mi ha spronato a cimentarmi con il mondo della letteratura e perché mi ha stimolato a migliorare il mio lessico.

IV classificata: Alice Colombini (ex aequo con Chiara Bugelli).

Il giudizio di Nicola Lecca.

La mia opinione fa parte del progetto “Lettura in classe” ++++

La recensione mi piace molto. E’ un resoconto ben fatto di trama, stile e significato. Dipinge il romanzo pienamente con uno spirito critico interessante (belli il riferimento all’accessibilità del testo e al contrasto tra la durezza dei singoli episodi raccontati contro la generale atmosfera fiabesca della storia). Segnalo qualche “che” di troppo. Complimenti!

Il commento di Alice Colombini.

Grazie mille per il generoso giudizio! Sinceramente devo ammettere che non me l’aspettavo anzi, sono rimasta piacevolmente sorpresa. Durante il tempo assegnatoci per redigere la recensione ho lavorato maggiormente per cercare di migliorare il linguaggio utilizzato, provando ad evitare numerose e sgradevoli ripetizioni. Questa tipologia di lavoro mi è piaciuta molto, quindi volevo ringraziarti per la fantastica opportunità che ci hai concesso.

Gli altri partecipanti (in ordine alfabetico).

Giovanni Albergucci.

Il giudizio di Nicola Lecca.

Questa opinione fa parte del progetto di lettura in classe.

++++

Qui si vede che c’è talento. Ma bisogna lavorarci ancora. Bisogna magari evitare di scrivere “parimenti competenti” (non tanto per la cacofonia ma perché è poco diretto). E bisogna rileggere per evitare i refusi.  Qualche frase è un po’ tortuosa e si potrebbe facilmente rendere più scorrevole mettendosi nei panni del lettore. Ma è una recensione ben fatta. Vanta un paio di intuizioni indovinate (es. “la ridondante cortesia che dilaga….) e ha un buon impianto. Prima di cominciare a scriverla l’autore ha certamente immaginato una struttura: un punto di partenza e uno di arrivo. Ma anche un percorso da compiere. E questo percorso è stato compiuto piuttosto bene. Magari, con qualche aggettivo in meno (soprattutto quelli più abusati) la sua lettura sarebbe risultata perfino più piacevole. Ad ogni modo ne sono rimasto positivamente colpito: anche in considerazione dell’età di chi l’ha scritta. Bravo!

Il commento di Giovanni Albergucci.

“Innanzitutto: grazie!
Grazie per i preziosi consigli di “stile”.
Mi hanno stupito non poco -lo ammetto- i complimenti: da un autore che padroneggia una prosa così lineare, mi lusingano e non poco.
Infatti, sono consapevole di avere una riuscita migliore nella stesura di testi in cui posso dilungarmi, mentre in spazi ristretti rischio di risultare a momenti criptico.
Mi rendo conto di aver fatto alcuni errori assolutamente evitabili, ma -lo dico senza alcuna superbia o vanto- scaturiti dall’enorme emozione che provavo nelle ultime e ossessive correzioni del testo.
Sono orgoglioso di ciò che hai notato. Effettivamente mi ero preposto uno schema mentale prima di iniziare a scrivere, ed ho cercato di donare coerenza all’elaborato dal titolo, alla conclusione.
Io sogno di lavorare, un domani, nel giornalismo: dovrò acquisire il binomio scorrevolezza-incisività.
È un obiettivo ambizioso, ma che cercherò di raggiungere con impegno analogo a quello messo in questo elaborato.
Grazie ancora.”

Giovi

Martina Castelli.

Il giudizio di Nicola Lecca.

Questa mia opinione fa parte del progetto di lettura in classe

+++ / ++++

E’ difficile esprimere un giudizio su questa recensione. E’ scritta bene: ma non riesce a coinvolgere il lettore totalmente. Si focalizza molto su un singolo punto: la ricerca della felicità (probabilmente centrale per l’autrice) e tralascia diversi altri aspetti. Sembra più un tema in classe che una recensione vera e propria. Manca di spirito critico. E’ più che altro un buon riassunto con citazioni. Mi ha convinto invece la parte in cui si denuncia che perfino l’eccellenza non è tollerata dalla Proper Coffee. Questa, infatti, è una vera e propria intuizione personale “da recensore”.

Il commento di Martina Castelli.

A Nicola Lecca.
Ti ringrazio per i preziosi consigli e per le riflessioni che mi hai dato, pensavo di rendere la mia recensione più scorrevole partendo da un
tema principale, ovvero la felicità, questo ha avuto un risultato opposto, mi dispiace di aver tralasciato alcune altre tematiche che forse andavano più puntualizzate.
È stata un’esperienza molto soddisfacente ed è stato un vero piacere leggere il tuo libro.

Maria Ferrari.

Il giudizio di Nicola Lecca.

++++

Fra le 8 recensioni lette finora questa è quella che sfoggia i ritmi e i tempi del giornalismo puro. Non solo: è quella che esprime le opinioni più decise e più forti sul significato del libro e addirittura sulla finalità che l’autore avrebbe avuto in mente nello scriverlo. Il libro viene definito “amichevole” verso il lettore e si suggerisce che sia stato scritto per suscitare in lui appagamento personale e voglia di cambiare se stesso. Per quanto può contare io non avevo in mente questa finalità quando ho lavorato a “La Piramide del caffè”. Ma la bellezza della critica letteraria sta proprio in una differente interpretazione personale. Peccato che a questo interessante resoconto manchi l’attenzione per i dettagli  (per esempio: si sarebbe potuto evitare di utilizzare l’aggettivo “illustre” per una catena di caffetterie – è un aggettivo adatto a persone e non a cose) Fra l’altro si sarebbe potuto specificare che Lynne non è la coinquilina di Imi: ma una padrona di casa generosa che lo ospita. E magari anche che la Proper Coffee ha appena cominciato la sua espansione in tutta Europa (e non solo in Inghilterra, come ci viene riferito). Un’ultima considerazione. Siamo sicuri che la finalità di Imi sia quella  “di rappresentare il sogno di tutti”? Magari, invece, cerca semplicemente di essere felice nonostante i tanti affronti che la vita gli ha riservato…

Il commento di Maria Ferrari.

Sono rimasta piacevolmente sorpresa dalla positività del tuo giudizio.  Adesso che mi sono stati fatti notare gli errori, riconosco che il mio elaborato poteva essere arricchito e maggiormente curato, ma non tutte le imprecisioni presenti sono state dettate da una trascuratezza del testo, quanto piuttosto alla mia inesperienza. Sebbene nuova al mondo delle recensioni, mi sono accorta di rendere molto meglio in lavori come questo, poiché si distaccano dai comuni temi in classe e non ho nemmeno faticato per scrivere un testo che tutto sommato ritengo scorrevole. Inoltre mi sembra inutile dire che – quando a esprimere opinioni personali è un esperto nel campo – si assume un giudizio critico estremamente puntiglioso nei propri confronti credendo, almeno nel mio caso, di non poter arrivare a valutare e recensire un testo d’autore. Ho apprezzato soprattutto la tua generosità nel leggere ogni nostro singolo elaborato e la grande capacità di essere riuscito a giudicarli obiettivamente; sicuramente non capita a tutti un’occasione del genere.

Benedetta Giampietri.

Il giudizio di Nicola Lecca.

La mia opinione per il progetto di “Lettura in Classe”

++++

Mi piace, ha un attacco fulmineo e un bell’incedere. Racconta correttamente il libro e lo presenta in maniera accattivante. L’analisi morale e quella stilistica sono presenti. Qualche termine un po’ ingessato e qualche virgola volata via sono responsabili di una lettura non scorrevolissima. Ma è un buon lavoro. Brava.

Il commento di Benedetta Giampietri.

Felicità +++++

Non appena letta la sua opinione, è stato veramente difficile non poter urlare di gioia all’interno del Teatro Bolognini di Pistoia, dove mi trovavo con la scuola.
In quanto ancora molto acerba nell’ambito letterario, non mi aspettavo assolutamente un così buon giudizio; infatti ero veramente molto ansiosa tanto da controllare il profilo anobii ben 5 volte nell’arco di un’ora.
La ringrazio moltissimo e spero vivamente di poter collaborare con lei ancora una volta.

Asia Pagliai.

Il giudizio di Nicola Lecca.

La mia opinione per il progetto “Lettura in classe”

++++ / +++++

Recensione molto ben fatta. Se non ripetesse un po’ troppe volte lo stesso concetto sarebbe davvero ottima. Comunque mi piace. E’ semplice, diretta, onesta. Brava!

Il commento di Asia Pagliai.

Ta ringrazio dell’opportunità che ci hai concesso, mettendo alla prova le capacità di ognuno di noi. Sono molto felice del risultato ottenuto, poiché non mi aspettavo di ricevere un commento positivo. Farò tesoro dei tuoi consigli, così da superare i miei punti deboli. Grazie!

Ilaria Sichi.

Il giudizio di Nicola Lecca.

La mia opinione per il progetto “Lettura in classe”

+++

Ho trovato qui molte citazioni. Citazioni di interviste, di tweet, del risvolto di copertina, di altre recensioni. Ma la tua opinione, il tuo sentire dove sono? Bisogna schierarsi in una recensione bisogna mettersi in discussione. So che ci hai sicuramente lavorato con molto impegno e ti ringrazio per averlo fatto: ma mi sarebbe piaciuto sentire di più te, la tua voce. Come quando hai scritto: “Sono sapientemente miscelati elementi realistici con realtà dolorose e divertenti, così che il lettore è catturato dalla curiosità di sapere come si concluderà la vicenda, capace del resto di emozionare senza tuttavia indurre al pianto”.  Così come è – pur essendo un lavoro ben fatto – non mi convince pienamente nonostante dimostri molto impegno e cura.

Il commento di Ilaria Sichi.

“Sono dispiaciuta per non essere riuscita a rendere la mia recensione originale. Sono consapevole del fatto che quello di esprimere la personalità scrivendo è una problematica che ho sempre dovuto affrontare, ma evidentemente non sono ancora riuscita a risolverla del tutto. Ho preso spunto da altre recensioni per rendermi conto di come strutturarne una e come la pensavano gli altri per paura di risultare banale. Nonostante ciò nelle citazioni ho fatto presente la fonte originaria. Credo di essermi lasciata condizionare troppo dal pensiero altrui, senza esprimere in pieno la mia voce. Con il tempo mi auguro di aumentare la creatività, e soprattutto spero di avere modo di mettermi nuovamente in gioco perché intendo migliorare là dove ora ho sbagliato, ma credo di aver capito. Grazie.”

#lapiramidedelcaffè LAB XIV #lapiramidelcaffè LAB XIV

di Elisa Lucchesi

And the Winner is …

Ecco la recensione di Francesca Santi, vincitrice de #lapiramidedelcaffè, progetto di lettura in classe di Elisa Lucchesi in collaborazione con Nicola Lecca, per gentile concessione di Mondadori Editore, da uno spunto de “Il Sole 24 Ore – Domenica“:

Dottore, che sintomi ha la felicità?                                                      Francesca Santi

Le tre P di Nicola Lecca: purezza, passione e precisione.

Come a ogni bambino ospite dell’orfanotrofio di Landor (un villaggio al confine tra Austria e Ungheria) anche a Imi è stata attribuita come data di compleanno il giorno in cui è stato abbandonato. Egli, infatti, ha vissuto proprio in quel luogo per diciotto anni, prima di trasferirsi a Londra. Qui, grazie all’aiuto di Lynne, padrona di casa nonché insegnante di tango, riesce a superare con ottimi risultati un colloquio di lavoro presso la Proper Coffee,  celebre catena di caffetterie nel Regno Unito, e viene assunto come assistente generale. Il suo pensiero rimane, comunque, costantemente legato a Landor e alle persone della sua infanzia tra cui le tante neni e i piccoli amici orfani. Londra, la cui descrizione ricorda la città-ragnatela di Calvino, lo affascina e lo fa sentire “accolto” tanto da portarlo ad affrontare il nuovo lavoro con serenità e a dare il meglio di sé. Questo, però, non è ciò che la Proper Coffee si aspetta dai suoi impiegati, imponendo, a questo proposito, che nessuno emerga sui colleghi pur di attenersi alle regole elencate dal rigido “manuale del caffè”. L’eccellenza lavorativa di Imi, dunque, non sarà premiata: e  anzi diverrà motivo del suo licenziamento da parte di Andrew e Victoria, i due responsabili della caffetteria di Embankment. La scrittrice Margaret Marshall, premio Nobel per la letteratura, viene a sapere della vicenda grazie a Morgan, un suo conoscente commesso in una libreria, e prende subito a cuore la vicenda del giovane ragazzo ungherese tanto da volerlo aiutare. Escogitando un piano, riuscirà a regalare a questa storia il lieto fine che merita. Cristallino, puro e diretto è lo stile con cui Nicola Lecca racconta la storia di Imi, esortando il lettore a non aver paura di far emergere le proprie capacità, inseguendo i propri ideali e rifiutandosi di uniformarsi ad uno standard imposto. Ciò comporta certamente rischi e disagi che, nel romanzo, Imi riesce sempre ad affrontare a testa alta e senza timore. Lui non ha mai paura: perché è convinto che «la felicità non dipende tanto da quel che si possiede: ma dal sapersi rassegnare a ciò che non si ha», anche a costo di momentanee difficoltà. La privazione degli eccessi e del superfluo imposta dall’infanzia trascorsa nell’orfanotrofio è diventata in realtà la più grande ricchezza di Imi: la stessa che gli ha insegnato a saper apprezzare l’essenziale senza scendere a falsi compromessi. I rischi derivanti devono essere affrontati affidandosi al proprio buonsenso e alla volontà, caratteristiche che a Imi sicuramente non mancano. Tutto ciò, ovviamente, non era previsto dal “manuale di comportamento” imposto della Proper Coffee! Nicola Lecca offre con la sua opera un’interessante riflessione sull’importanza della fiducia nel proprio “io”, ed è proprio per questo che la storia di Imi deve assolutamente essere conosciuta. Perché tutti noi, in fondo,  siamo orfani di qualcosa: anche se inconsapevolmente

N. Lecca, La piramide del caffè, Milano, Mondadori 2013, p.233

La recensione di Francesca Santi a “Lapiramide del  caffè” di Nicola Lecca ha vinto con il seguente giudizio dell’Autore:

La mia impressione parte del progetto “Lettura in classe”. +++++

Bellissima, creativa, tiene la tensione e ha un inizio stupendo. E’ profonda, morale, giusta. Che altro dire: qualche ripetizione ogni tanto ma sei perdonatissima. Hai fatto un gran bel lavoro. Complimenti.

#lapiramidedelcaffè LAB XIII#lapiramidedelcaffè LAB XIII

di Elisa Lucchesi

Omnia vincit amor

#lapiramidedelcaffè, progetto di lettura in classe in collaborazione con Nicola Lecca, per gentile concessione di Mondadori Editore, ha finalmente un vincitore:

Francesca Santi https://twitter.com/FrancyBP

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Vediamo la classifica complessiva, con i profili Twitter dei giovani recensori e  i link ai  profili Anobii dove è possibile leggere i lavori, impreziositi dai giudizi dell’Autore:

IV classificate ex aequo: Chiara Bugelli, Alice Colombini.

Chiara Bugelli (++++)

Chiara Bugelli: https://twitter.com/chiarabugelli

Account anobii: http://t.co/YrFUaN6Ngp

Alice Colombini (++++)

Alice Colombini: https://twitter.com/Eeciilaa

Account anobii: http://t.co/o2VZrW612O

III classificata: Gloria Ceccarelli (++++/+++++)

Gloria Ceccarelli: https://twitter.com/1414glory

Acount anobii: http://t.co/0bFiGTnRyh

II classificato: Cosimo Santalmasi (+++++).

Cosimo Santalmasi: https://twitter.com/CosimoSantalmas

Account Anobii: http://www.anobii.com/cosimosantalmas/books

I classificata: Francesca Santi (+++++).

Francesca Santi: https://twitter.com/FrancyBP

Account anobii: http://t.co/a875H13zat

Da sinistra: Giovanni Albergucci, Benedetta Giampietri, Matteo Bizzarri, Francesca Santi.

Da sinistra: Giovanni Albergucci, Benedetta Giampietri, Matteo Bizzarri, Francesca Santi.

A breve, #unblogdiclasse pubblicherà un post in cui gli studenti risponderanno ai giudizi di Nicola Lecca con un testo di commento.

L’Autore stesso ha chiesto di interagire con i suoi giovani lettori, fornendo in questo modo un esempio di ‘buona’ scuola 2.0.

Ricordiamo inoltre che Nicola Lecca risponderà a domande e curiosità dei ragazzi che hanno partecipato a #lapiramidedelcaffè in un’intervista Twitter in diretta, la cui data – prevista per la fine di Maggio  – sarà tempestivamente comunicata.

Ed ecco la recensione di Francesca Santi, vincitrice de #lapiramidedelcaffè, progetto di lettura in classe di Elisa Lucchesi in collaborazione con Nicola Lecca, per gentile concessione di Mondadori Editore, da uno spunto de “Il Sole 24 Ore – Domenica“.

Dottore, che sintomi ha la felicità?                                                      Francesca Santi
Le tre P di Nicola Lecca: purezza, passione e precisione.

Come a ogni bambino ospite dell’orfanotrofio di Landor (un villaggio al confine tra Austria e Ungheria) anche a Imi è stata attribuita come data di compleanno il giorno in cui è stato abbandonato. Egli, infatti, ha vissuto proprio in quel luogo per diciotto anni, prima di trasferirsi a Londra. Qui, grazie all’aiuto di Lynne, padrona di casa nonché insegnante di tango, riesce a superare con ottimi risultati un colloquio di lavoro presso la Proper Coffee,  celebre catena di caffetterie nel Regno Unito, e viene assunto come assistente generale. Il suo pensiero rimane, comunque, costantemente legato a Landor e alle persone della sua infanzia tra cui le tante neni e i piccoli amici orfani.
Londra, la cui descrizione ricorda la città-ragnatela di Calvino, lo affascina e lo fa sentire “accolto” tanto da portarlo ad affrontare il nuovo lavoro con serenità e a dare il meglio di sé. Questo, però, non è ciò che la Proper Coffee si aspetta dai suoi impiegati, imponendo, a questo proposito, che nessuno emerga sui colleghi pur di attenersi alle regole elencate dal rigido “manuale del caffè”.
L’eccellenza lavorativa di Imi, dunque, non sarà premiata: e  anzi diverrà motivo del suo licenziamento da parte di Andrew e Victoria, i due responsabili della caffetteria di Embankment.
La scrittrice Margaret Marshall, premio Nobel per la letteratura, viene a sapere della vicenda grazie a Morgan, un suo conoscente commesso in una libreria, e prende subito a cuore la vicenda del giovane ragazzo ungherese tanto da volerlo aiutare.
Escogitando un piano, riuscirà a regalare a questa storia il lieto fine che merita.
Cristallino, puro e diretto è lo stile con cui Nicola Lecca racconta la storia di Imi, esortando il lettore a non aver paura di far emergere le proprie capacità, inseguendo i propri ideali e rifiutandosi di uniformarsi ad uno standard imposto. Ciò comporta certamente rischi e disagi che, nel romanzo, Imi riesce sempre ad affrontare a testa alta e senza timore. Lui non ha mai paura: perché è convinto che «la felicità non dipende tanto da quel che si possiede: ma dal sapersi rassegnare a ciò che non si ha», anche a costo di momentanee difficoltà.
La privazione degli eccessi e del superfluo imposta dall’infanzia trascorsa nell’orfanotrofio è diventata in realtà la più grande ricchezza di Imi: la stessa che gli ha insegnato a saper apprezzare l’essenziale senza scendere a falsi compromessi. I rischi derivanti devono essere affrontati affidandosi al proprio buonsenso e alla volontà, caratteristiche che a Imi sicuramente non mancano.
Tutto ciò, ovviamente, non era previsto dal “manuale di comportamento” imposto della Proper Coffee!
Nicola Lecca offre con la sua opera un’interessante riflessione sull’importanza della fiducia nel proprio “io”, ed è proprio per questo che la storia di Imi deve assolutamente essere conosciuta. Perché tutti noi, in fondo,  siamo orfani di qualcosa: anche se inconsapevolmente

N. Lecca, La piramide del caffè, Milano, Mondadori 2013, p.233

In viaggio, alla scoperta dell’uomoIn viaggio, alla scoperta dell’uomo

di Asia Pagliai

Pistoia, IV edizione del festival antropologico “Dialoghi sull’uomo”.

Viviamo in un mondo dove la globalizzazione ha ormai preso il sopravvento e lo scambio interculturale avviene ogni giorno.

Questo è stato lo spunto da cui è partita Giulia Cogoli, Direttore Artistico di Pistoia Dialoghi sull’Uomo che quest’anno, insieme al suo staff, ha proposto per la kermesse un tema attuale, che ben descrive la società contemporanea: “L’oltre e l’altro. Il viaggio e l’incontro”.

In data 24/04/13, alle 12.00, è stato presentato il programma ufficiale del 24, 25 e 26 Maggio 2013, giorni in cui avranno luogo venti incontri con studiosi e antropologi italiani e stranieri.

La conferenza stampa, riservata ai componenti dello staff e ai giornalisti, si è arricchita della presenza di un gruppo di studenti del Liceo Scientifico “E. Fermi” di San Marcello Pistoiese, facenti parte dello staff volontari Twitter, coordinati dalla Prof. Elisa Lucchesi.

“Il viaggio è un tema contemporaneo, ma ha anche la stessa età dell’uomo”- ha sottolineato Ivano Paci, Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia.

In sala anche il Sindaco di Pistoia, Samuele Bertinelli, che ha elogiato la presenza dei giovani volontari all’evento e ha altresì affermato che in un momento di crisi, come quello che stiamo vivendo, anche i Dialoghi posso contribuire a diffondere un sentimento di speranza.

La diffusione sul territorio del festival – ha sottolineato Bertinelli – è sempre maggiore e l’adesione cresce del resto in maniera esponenziale: l’anno scorso sono state contate ben 12.000 presenze.

Proprio per questo motivo il Sindaco elogia i benefici che da Dialoghi sull’uomo possono trarre sia la città che i luoghi limitrofi. Grazie a questo, Pistoia dà ampia visione di sé in tutta Italia, facendo crescere il suo prestigio e la sua notorietà.

Infine Giulia Cogoli, Ideatore e Direttore artistico del festival, ha illustrato il programma dettagliatamente, sottolineando come: “I numerosi ospiti renderanno questa nuova edizione interessante e costruttiva, ad un costo accessibile per ogni tasca”.

Il viaggio sarà rivisitato in tutte le sue sfaccettature e sfumature: Allan Bay mostrerà il viaggio nel cibo , Guccini quello nella musica, Arjun Appadurai nella globalizzazione. Inoltre saranno presenti anche Tony Wheeler, fondatore di Lonely Planet, e Colin Thubron, uno dei più apprezzati autori di narrativa di viaggio. Già il nome dell’evento, Dialoghi sull’uomo, segna una tonalità che unisce il viaggio con l’incontro: il dialogo come confronto tra culture. Un anno di novità, dove l’intento è dare vita ai Dialoghi non solo in tre giorni, ma per tutto l’anno.

Per la prima volta, verrà allestita una mostra fotografica, a cura del Touring Club Italiano, che guiderà il pubblico in un viaggio nelle tipiche località di vacanza italiane dall’800 ai nostri giorni. Dei venti eventi previsti, uno si rivelerà innovativo, distinto dagli altri: si tratta di un percorso itinerante: “LENTA-MENTE” per le vie di Pistoia insieme a Claudio Visentin e Andrea Bocconi.

Per non dimenticare l’edizione 2012, grazie alla collaborazione di Utet Libri, uscirà a breve  il libro “Dono, dunque siamo. Otto buone ragioni per credere in una società più solidale”, una raccolta di saggi redatti da alcuni degli studiosi attivi durante l’edizione della scorsa edizione.

Come ogni anno, Dialoghi sull’uomo è frutto di un lavoro intenso e polifonico, dove volontari e staff diventano un’unica famiglia. Fondamentale rimane la collaborazione degli studenti dell’ultimo biennio delle Scuole Superiori della Provincia di Pistoia, che ogni anno aderiscono con molto entusiasmo e in maggior numero, come ha fatto notare Giulia Cogoli: “Un’adesione sempre maggiore. Al Bolognini non entriamo più”.

Dunque un programma ricco, affascinante e coinvolgente quello di Pistoia – Dialoghi sull’Uomo 2013, e certo un’opportunità da non perdere.