L’amore ai tempi del Covid

di Rachele Montagna (III A LS)

Tra gli ausili didattici disponibili gratuitamente in rete, ci piace segnalare Letteratura del contagio

Nell’editoriale in questione, pubblicato su Il foglio nel febbraio 2020, a poche settimane dalla comparsa del virus Sars-Cov-2, l’autrice, Nadia Terranova, si propone di trattare l’importanza che il tema del contagio ha avuto nella letteratura occidentale, ripercorrendo cronologicamente le più importanti opere che sin dall’età classica hanno descritto l’epidemia e hanno sondato i recessi dell’animo umano in campo sia sociologico che psicologico. La letteratura, infatti, costituisce lo specchio degli avvenimenti storici all’interno dei quali essa si contestualizza e rappresenta dunque la magistra vitae di ogni epoca, senza escludere quella contemporanea. 

Avvalendosi di un registro linguistico sostenuto e a tratti ironico, l’autrice mira ad evidenziare i richiami tra la letteratura del contagio e l’attualità, muovendo dal grande  storiografo greco Tucidide, il quale nel suo capolavoro,  La Guerra del Peloponneso, ha magistralmente raccontato l’epidemia di peste scoppiata ad Atene nel 430 a.C. Vi si narra della tracotante Atene del V secolo a.C., patria dei filosofi Socrate e Platone, la quale – colpita con violenza dall’epidemia – conosce un radicale indebolimento che culmina con la morte del capopopolo Pericle; è in questo clima di parossistica tensione che insorge il caos e si è costretti a ripensare la politica interna, mentre il numero delle morti aumenta vorticosamente.

Una situazione che tristemente ricorda la recente attualità.

Esemplari, sottolinea l’autrice, sono le descrizioni dei morenti in cui ci imbattiamo nel De rerum natura del poeta latino Tito Lucrezio Caro, ove  si mette in evidenza non solo come la malattia sfiguri i lineamenti fisici dei malati, facendo assumere loro tratti spettrali, ma anche come sia l’umana paura del contagio a distorcere e trasfigurare la figura del malato, testimoniando così la progressiva diffidenza causata dal dilagare della malattia all’interno della società.

Sebbene ciascuno di noi non possa scappare dall’epidemia, l’autrice suggerisce comunque la possibilità di metterci al sicuro almeno dall’esasperato clima di terrore che ci circonda, occupando il nostro tempo con interessi virtuosi. La Terranova cita a questo proposito lo scrittore e poeta italiano Giovanni Boccaccio, che con il suo Decameron ci ha insegnato come l’amore e la letteratura possano farci vivere in un tempo sospeso dalla paura. In effetti il Decameron, di cognome Prencipe Galeotto – è l’esemplificazione di come eros sia in grado di scacciare thanatos. L’amore, assieme alla letteratura, rappresenta dunque l’antidoto principale contro il dolore e insieme dunque essi si contrappongono alla malattia, proprio come la vita risulta complementare alla morte.

Nella sezione finale del suo editoriale, l’autrice, avvalendosi di un tono polemico e utilizzando il filtro dell’ironia, mette in evidenza l’irrazionalità delle reazioni che la società contemporanea ha manifestato al dilagare dell’epidemia, confrontandola con quanto ci è stata raccontata in tutto il corso della letteratura, giungendo sino ai Promessi Sposi di Alessandro Manzoni, tutt’oggi studiati all’interno delle scuole. L’autrice, citando la tesi iniziale, conclude le proprie riflessioni ribadendo come la letteratura e l’amore siano la risposta – senza luogo e senza tempo – a qualsiasi sconvolgimento che rischi di farci perdere la consapevolezza di esistere e la nostra stessa humanitas.

Qui il link all’editoriale, consultabile gratuitamente: 

https://www.ilfoglio.it/cultura/2020/02/10/news/letteratura-del-contagio-301101/

Medea – booktrailer

di Letizia Pagliai

Medea è forse la più celebre tra le tragedie del drammaturgo greco Euripide.

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L’omonima protagonista di questa storia ineguagliabile ha origini divine: discende dal dio del sole ed è una principessa, figlia di Eeta, re della Colchide.

Medea è inoltre una maga, nipote di Circe.

Come tutti i personaggi eroici, anche la donna porta avanti con determinazione e forza d’animo i propri principi e ideali.

È perdutamente innamorata di un uomo, Giasone, il più valoroso tra gli Argonauti, che dopo essersi fatto aiutare nella conquista del vello d’oro, la ripudia per la bellezza di una principessa più giovane: Glauce, figlia del re Creonte. Quando il dramma ha inizio, Medea e Giasone si trovano esuli a Corinto, dove si sposano e hanno due figli. È qui, dunque, che si compie la celebre tragedia.

La giovane donna di cui Giasone si innamora è la figlia del re della città.

Medea si sente offesa, pugnalata al cuore.

In un’accesa discussione con il marito, vengono esposte, da una parte, motivazioni politiche: per un esule sposare una discendente al trono è un bene, basti pensare al futuro che possono avere i figli; dall’altra motivazioni passionali, Medea ha dato tutto per Giasone.

Come ci ricorda la stessa nutrice, Medea, per amore, ha tradito il padre, la patria e ha ucciso.

Adesso è sola, abbandonata a se stessa, si dispera ed è stravolta. L’astuta donna comunque decide di accettare il nuovo matrimonio di Giasone e, avendo ottenuto un giorno in più da trascorrere nella città da parte di Creonte, trama vendetta. Avendo capito, da un dialogo avuto con Egeo, re di Atene, che per un padre la prole è la cosa più importante, sa come vendicarsi.

Medea si rivela, alla fine della tragedia, una donna tanto affascinante quanto misteriosa; è l’emblema della gelosia e della malvagità. È anche una stratega e calcolatrice che pur di far provare il suo stesso dolore a Giasone è pronta a tutto, perché dalla persona che più amava è stata umiliata e ferita nell’orgoglio femminile.

È proprio la nutrice che, nel monologo iniziale della tragedia, mette in guardia il pubblico da Medea: Ho paura che stia tramando l’irreparabile… è una donna tremenda.

Medea esce sempre vincitrice da ogni scontro, anche questa volta, pur dovendo sopportare un dolore immane.

 

Quo usque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?

di Tommaso Nesti

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Le Catilinarie sono quattro orazioni pronunciate da Cicerone nel 63 a.C., il cui scopo è denunciare la pericolosità di Catilina, nobile aristocratico che mette a repentaglio la sicurezza dello Stato con il suo furor, ovvero con la sua passione smodata, mossa da brama di potere.

La prima Catilinaria è stata pronunciata l’8 novembre del 63 a.C., in seguito al tentativo di omicidio ai danni dello stesso Cicerone, per mano di sicari dell’accusato, il 7 novembre del medesimo anno.

L’oratore cerca di mettere in guardia i senatori sulla pericolosità del congiurato, peraltro quel momento presente in Senato, e renderli consapevoli che la congiura ordita rischia di far vacillare le istituzioni repubblicane.

Cicerone evidenzia come i senatori stiano venendo meno al loro dovere e che il tollerare la scelleratezza di tale aristocratico sia inaccettabile, soprattutto se la loro accidia viene paragonata alla difesa dello Stato compiute in passato da uomini di animo valoroso, che non si sono fatti scrupolo di mettere a morte concittadini ritenuti pericolosi per la sicurezza  della res publica.

Attraverso una metafora, Cicerone paragona la potenza, non sfruttata, del senato consulto ultimo,  a quella di un’arma temibile, tenuta però come chiusa nel fodero.

L’oratore, sebbene accusi Catilina con forza e pathos, non è intenzionato a mettere in atto eventuali provvedimenti, essendo homo novus e temendo, per questo motivo, la nobiltà aristocratica del congiurato: metterlo a morte potrebbe mettere a rischio il suo attuale ruolo consolare, indebolito dalle sue modeste origini.

Medea – booktrailer

di Gemma Nesti

Che cosa si intende per onore? Un nome che resiste all’oblio del tempo? Un soldato che dimostra il suo valore in battaglia? 

L’onore è una forma di riconoscimento, che spesso tende a slittare dal piano morale a quello sociale. Questo è il gioco in cui si diletta Euripide nella tragedia Medea, in cui i personaggi principali ambiscono all’onore, dimenticando i propri principi morali. Così l’onore divampa in una lotta che non ha schieramenti di eserciti, i cui soldati sono un uomo opportunista e una donna capace di magia e d’inganno. Medea è una “leonessa”, vanta una strepitosa strategia di attacco e va dritta per la sua strada senza cedere al dubbio.  Per amore fugge dalla terra di origine, la Colchide, e con lo sposo Giasone dà vita a una prole. Ma Medea è ben più di una madre. Si diverte infatti preparando pozioni mortifere e stronca la sua quotidianità di vita da principessa. Il suo passato parla chiaramente: per fuggire ha ucciso il fratello Apsirto, disperdendone le membra in mare, costringendo il padre Eeta al pietoso recupero dei resti straziati del figlio. 

Così i due innamorati sono giunti a Iolco, patria di Giasone, nella quale regna Pelia, suo zio. Questo aveva commissionato al nipote il compito di recuperare il vello d’oro nella terra della Colchide, ma, come Medea, anche Giasone è un uomo ambizioso e le sue azioni sono sempre accompagnate da secondi fini: avrebbe infatti voluto riconquistare il trono, un tempo appartenente al padre Esone e a lui promesso dallo zio. Pelia non mantiene la parola data e così Medea convince le figlie del re a fare a pezzi il padre e gettarlo in un calderone, promettendo loro di farlo ringiovanire. I due fuggitivi si recano a Corinto dove si stabiliscono insieme ai figli. Adesso Giasone non può sedere al trono di Iolco, ma può ambire a quello di Corinto, sposando Glauce, figlia del re Creonte e assicurando una nobile esistenza a sé e ai suoi figli. Perciò Medea assiste ad un rovescio della sorte e, da traditrice della patria e dei cari, diviene tradita.

La protagonista discende dalla stirpe del Sole e la sua fierezza le impedisce di accettare il disonore arrecatole dal marito. Dietro alle crudeli azioni compiute da Medea nell’antefatto e nello svolgersi della tragedia si nasconde un personaggio rivoluzionario, che Euripide rappresenta nei panni di una donna assai anticonformista, ben diversa rispetto alla visione stereotipata che l’antichità ci consegna  del femminile. Medea diviene artefice del proprio destino. Così la ratio e il pathos si scontrano, vagando nell’ego assoluto di questo personaggio, in cerca di un piano che permetta loro di privare il traditore dell’onore desiderato.

Che cosa si intende per onore

Per Giasone l’onore risiede in un trono, un titolo, un’ascesa al potere. Per Medea il raggiungimento dell’onore diviene una lotta contro il disonore.

Per evitare lo scherno da parte dei promessi sposi, che rappresentano il nemico, si dedicherà ad un disegno strategico, intriso di magia e dolore, al quale nemmeno la nostra protagonista potrà scampare.

Medea – booktrailer

di Francesca Bibaj

Il drammaturgo greco Euripide è noto per aver raccontato la tragica e coinvolgente storia dell’eroina Medea. Medea è figlia del re dei Colchi, Eeta, e ha origini magiche e divine, poiché è nipote della celebre maga Circe e discendente del dio Sole; è rappresentata infatti come una figura determinata e carismatica.

Ma anche lei, come ogni essere umano, possiede una debolezza: Giasone.

Quest’ultimo si trova a capo degli Argonauti e si reca nella Colchide per recuperare il vello d’oro, la chiave per ottenere nuovamente la gloria perduta. Raggiunge il suo obiettivo grazie all’abile e innamorata Medea, la quale, mossa da Amore, si macchia di fratricidio e tradimento della patria.

I due intraprendono una relazione amorosa prospera e felice che dà alla luce due figli, simbolo di unione e stabilità, ma l’idillio volge in tragedia: Giasone, da opportunista, è intenzionato a sposare Glauce, figlia del re di Corinto, Creonte, per migliorare la propria situazione socio-economica.

Il fedifrago subisce l’incontrollabile e terribile furia di Medea, la quale si sente offesa sia come moglie che come madre; la sua ira e sete di vendetta distruggono psicologicamente l’uomo, ma anche lei stessa rimane ferita dalle proprie gesta.

La storia di questa valorosa e coraggiosa donna colpisce per la straordinaria attualità e veridicità; non tutte le relazioni sentimentali hanno un lieto fine e il desiderio di vendetta talvolta supera anche il benessere personale.