Parliamo come i muti

di Martina Signorini

Quando viene detta la parola “parlare” tutti subito pensiamo a una conversazione orale fatta soprattutto di parole. Ma si può parlare anche scrivendo e se si parla oralmente, parliamo anche con le parole, anche col tono e il volume della voce, ma soprattutto con le espressioni del volto, con lo sguardo e coi gesti. Quindi non solo “i muti potranno parlare” (Caro amico ti scrivo, Lucio Dalla), ma effettivamente parlano già. Parlano, riescono a comunicare, a entrare in relazione con gli altri, anche se non possono pronunciare le parole. A questo si potrebbe obiettare: “parlare” vuol dire solo comunicare oralmente, se fosse qualcosa di scritto useremmo il verbo “scrivere”, se fosse a gesti diremmo semplicemente “comunicare”, magari specificandone il mezzo. Invece no. “Parlare” vuol dire anche “esprimere pensieri o sentimenti con mezzi diversi dalla parola” (Dizionario d’Italiano, Garzanti editore).

Detto questo bisogna sottolineare un altro fatto oggettivo: se i muti parlano esclusivamente attraverso i gesti e le parole scritte, chi può usare la voce come mezzo di comunicazione utilizza comunque il linguaggio non verbale (espressioni del volto, atteggiamenti, gestualità) al 55% (numerose statistiche confermano questo dato). Significa che gli sguardi, le posture, gli atteggiamenti e i gesti durante una conversazione valgono più delle stesse parole, del tono e del volume della voce messi insieme. Questo spiega perché riusciamo a capire se una persona mente attraverso il suo sguardo. E se gli occhi ci dicono che quella persona mente, noi non crediamo alle parole.

L’importanza della gestualità nella comunicazione, per quanto possa sembrare strano, è stata messa in evidenza già in epoca classica, quando quel che oggi chiamiamo “public speaking” si chiamava oratoria. Quest’arte ebbe il suo periodo d’oro in epoca romana e in particolare in quella tardo-repubblicana. In questo contesto storico troviamo nomi quali quelli di Giulio Cesare, Marco Antonio e Cicerone, l’oratore per antonomasia. Quest’ultimo in particolare è universalmente noto come grande oratore. Ma la sua carriera non è fatta solo di successi. Aveva infatti un difficile rivale: Gracco. Questo avversario non aveva la stessa cultura e la stessa preparazione di Cicerone, ma riusciva comunque a vincere le cause ed anche piuttosto spesso. Allora Cicerone  si mise ad osservarlo e giunse a questa conclusione: “l’actio è il fattore preponderante nell’oratoria” (De Oratore, Cicerone). Notiamo bene, a questo punto, quanto sono concordi le sue teorie e le statistiche moderne.

La comunicazione non verbale ha anche un grande vantaggio in una società globalizzata come la nostra: si può spingere oltre i confini delle nazioni. Se noi parliamo in italiano, per esempio, possono capirci solo gli italiani e chi ha studiato la lingua; se parliamo in inglese nell’UE o negli USA ci capiscono quasi tutti, in Russia, a seconda delle zone, potremmo non trovare una persona che lo parla. Un sorriso, uno sguardo poco rassicurante, un occhiolino, un bacio o anche gesti poco garbati sono internazionali, se non in alcuni casi universali. Certo questo non si può dire per ogni gesto: se per esempio vediamo due uomini che si baciano sulla bocca, pensiamo una cosa sola, mentre nell’ex URSS, soprattutto fra politici, era una cosa normale e avevano altri motivi per farlo. Sicuramente se non si conosce bene una cultura è meglio non compiere gesti che potrebbero sembrare provocatori od offensivi, però avere il sorriso sulle labbra e guardare una persona mentre parla è sempre meglio che non tenere un’espressione arrabbiata o far finta di non sentire. Altra cosa importante da dire: sentire è una cosa, ascoltare un’altra, capire un’altra ancora. Sarebbe meglio riuscire in tutte e tre, ma se chi parla si rende conto che il suo interlocutore non ha capito, ma ha ascoltato, rimane certamente meno deluso perché c’è comunque comunicazione e quindi si riesce ad avere una relazione.

III Liceo Scientifico


Commenti

Parliamo come i muti — 1 commento

  1. Avete colto i punti fondamentali del nostro incontro “Il Narratore in ascolto”:
    – la comunicazione non verbale prevale sulla verbale;
    – non c’è comunicazione se non c’è ascolto dell’interlocutore, se non invertiamo continuamente i ruoli di emittente e ricevente.

    E ricordate sempre che quando dovete parlare in pubblico, o meglio CON un pubblico, dovete avere il dominio completo dei contenuti che volete proporre: dovete averli metabolizzati. Solo così potrete concentrarvi sulla relazione e sulle reazioni dei vostri interlocutori, perché “il messaggio non è quello che hai detto, ma quello che l’altro ha capito”.

    Vi ringrazio della vostra disponibilità e attenzione. È stato davvero bello interagire con voi. E… sempre pronto a continuare. I miei contatti li avete.

    Buona giornata!

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